Archive for cose di donna

E mi è toccato cambiare titolo

Questo blog, Singlemente, l’ho aperto ad agosto (i post precedenti arrivano da una migrazione). Allora, ero single da circa un anno e da ciò Singlemente. A distanza di pochissimo è andato tutto a rotoli: infatti, solo due mesi dopo, ho incontrato Lui (con la “L” maiuscola, esatto).

Un po’ come quando aspetti un treno che ha un ritardo indefinito, ti accendi la sigaretta e lo vedi arrivare.

PS: per la lotta nel fango, andate di là.

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Molto personale

…come la trasmissione pacco di Balestri…

Non sono solita pubblicare cose così intime, e a dir la verità tollero pure poco chi lo fa, ma stasera stavo smanettando con photofiltre e il risultato è questo:

in redSarà anche troppo personale, ma non potevo non condividerla. Soprattutto dopo vari bicchieri di Montenegro. Magari poi domani rinsavisco ed elimino il post, ergo godetevela finché dura.

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La vita che voglio

Per buona parte della mia esistenza, non ho avuto la vita che avrei voluto. Da che ho memoria, ho sempre provato un certo mal di vivere, ho sempre avuto la percezione che mi mancasse qualcosa, dentro o fuori. Non ricordo di essere mai stata per un lungo periodo felice, soddisfatta, o quantomeno serena. C’era qualcosa, c’era sempre qualcosa in me o nella mia vita che non andava, che non mi faceva stare bene, che mi tormentava. Ero inquieta e irrequieta, costantemente alla ricerca di qualcosa,  qualcosa che cercavo nella mia immagine allo specchio, nei visi che incontravo, nelle esperienze che vivevo, senza sosta e senza sapere cosa fosse. Ero eternamente insoddisfatta di me stessa e della mia vita, una vita che vivevo aspettando. Aspettando quel qualcosa, aspettando il momento in cui sarei stata bene.

Ci sono voluti cinque interminabili anni di serali, c’è voluta una separazione, c’è voluto un anno a vivere da sola e a poter contare solo su di me, ci sono voluti infiniti conti con me stessa.  Ci sono voluti sacrifici, impegno, costanza, forza, c’è voluto il buoio totale, quello che vedi quando davvero non sai più come uscire dal tunnel in cui sei finita. Ma alla fine, quel momento è arrivato. Ora finalmente posso dire che non solo sono serena, e che sono soddisfatta e che sto bene: posso dire con assoluta certezza che sono felice. Quel qualcosa che ho cercato con ansia per quasi tutta la vita, ora c’è. E la cosa buffa è che qualcosa sono io.

Ora che ho me stessa, ho la vita che voglio.

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Vi dichiaro separati

Non so se dimenticherò lo sguardo della donna che aspettava come me l’udienza che avrebbe posto fine al suo matrimonio. Probabilmente non era stata lei a volerlo, forse in passato aveva creduto che l’uomo che aveva di fianco, e che le era stato al fianco per chissà quanti anni, fosse quello giusto. Mi guardava cercando solidarietà, e tra i sorrisi di circostanza, come quelli che si fanno in fila dal medico, mi ha detto “certo che è brutto, è squallido”. Ma quello che per lei rappresentava la fine di un sogno, di un amore, per me rappresentava il rimedio ad un errore.

Il giudice ha fatto poche domande, qualche firma, e poi ha pronunciato “vi dichiaro separati”.

Uscendo ho incontrato di nuovo lo sguardo di quella donna, ora toccava a lei. Ho visto nei suoi occhi un misto di dolore, rabbia, paura e un’infinita tristezza e spero che non abbia notato la gioia nei miei.

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Che fine ho fatto?

Cerco di godermi il lato buono della mia disoccupazione.

Passo tante, troppe ore, nascosta sotto il piumone con lui. Sono giorni di colazioni a letto, pranzi e cene sul divano, carezze, baci, parole sussurrate, progetti utopici. Arrediamo e riarrediamo la nostra casa, che un giorno potremo permetterci di comprare tutta l’Ikea. Scegliamo un nome per nostro figlio, perché un giorno chissà, ne avremo uno, o due, o mille. Litighiamo per gelosie infondate, perché tu devi essere solo mio e questo non può essere solo un film già visto. Ci guardiamo negli occhi, nell’anima, nel cuore, ci stringiamo l’uno contro l’altra, ci incastriamo fino a fonderci.

Il lavoro può attendere, della crisi chissenefrega, il mondo non ci riguarda.

  Io&Lui

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Il nuovo anno

Ok, le feste sono definitivamente finite. Il ritorno alla normalità mi fa ricordare che ho un blog che dovrei aggiornare. Eccomi. Aggiorno.

Il mio nuovo anno inizia con quattro chili in più accumulati tra cene varie, l’imminente disoccupazione, i documenti per la separazione consegnati in tribunale, mille progetti e sogni con lo stranone, e un’apatia di fondo che caratterizza buona parte delle mie giornate. Su questo ultimo punto ho qualcosa da dire.

Non so cosa sia, se è colpa del freddo, delle preoccupazioni legate al mio futuro di disoccupata, delle vacanze appena passate e della conseguente difficoltà a tornare alla quotidianità. Fatto sta che non ho voglia di fare una cippa di niente. Di lavorare, per esempio, soprattutto perché so che questo lavoro durerà ancora tre settimane e poi tanti saluti. Di uscire, perché fuori ci sono meno quattro gradi da giorni e io detesto il freddo. Di vedere gli amici, perché non tollero l’umanità quando sono così infastidita dall’universo.

L’unica cosa che mi riesce bene e che mi fa sentire appagata e felice è stare con lo stranone. Uscire con lui,  fare la spesa con lui, sfogliare il catalogo dell’Ikea con lui per scegliere il nostro nuovo letto, cucinare con lui, mangiare con lui, dormire con lui. Insomma, tutto con lui. Adesso, io non so se sia un normale effetto dell’amore o se mi sono bevuta il cervello tra i vari brindisi festaioli, però mi sto preoccupando.  Forse mi sono solo ritagliata un posto in cui rifugiarmi per non farmi assalire dall’ansia del futuro. Boh.

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Incastri

Tra tutti gli ex che si collezionano, ce n’è sempre uno con la “e” maiuscola. Quello per cui avevi proprio perso la testa, quello per cui tornavi a casa con un sorriso da ebete stampato in faccia, quello con cui fare l’amore non era mai stato così bello, quello per cui hai versato milioni di lacrime quando è finita, quello che quando lo incontri anche dopo anni, senti un mattone che ti si appoggia sullo stomaco. Io quell’ex lì l’ho incontato a vent’anni. Incosciente, spensierata, innamorata come mai prima e mai dopo. Lui aveva la mia anima negli occhi, dicevo. I nostri corpi si incastravano in un modo perfetto, come pezzi di puzzle. E’ durata solo un anno, ma è stato un anno in cui ho toccato l’apice dell’estasi e il fondo della disperazione. Lui ha tirato una riga nella mia vita, ha cambiato il mio modo di pensare, vivere e credere nell’amore.

Delusa, disillusa, ferita, dopo di lui ho passato notti aggrappata a corpi vuoti, piena di rabbia e di dolore. Nessuno di quei corpi completava il mio. Ho scoperto di non essere più capace di amare ancora in quel modo, ho capito di non voler più amare di nuovo in quel modo. Ho sposato un uomo tiepido per non scottarmi di nuovo ma vivere sempre alla stessa temperatura mi uccideva dentro. E ho ricominciato a cercare l’incastro perfetto.

Ieri notte abbracciata a lui non c’erano spazi, non c’erano spigoli, i nostri corpi aderivano, morbidi.

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Lentezza

Le cose che nascono con lentezza sviluppano forti radici, ripete la mia insegnante di yoga. E noi ci stiamo andando piano. Pianissimo direi. Troppo piano. Ci stiamo conoscendo, esplorando, osservando, scoprendo. Lentamente, molto lentamente.

Oh, ma ce vuoi provà o no?

Domenica usciamo di nuovo, quinto appuntamento. Per sicurezza, porto le carte.

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Passi avanti

Siamo usciti insieme, abbiamo bevuto un paio di birre e fatto due chiacchiere. Ieri sera è venuto alla presentazione del libro che abbiamo organizzato con l’associazione e stasera ci vedremo ancora. A questo punto credo che un interesse ci sia. Da parte sua, forse anche da parte mia. Io ho l’interesse di conoscerlo, di capire se dietro le sue stranezze ci sia qualcosa per cui valga la pena di muoversi. Non ho bisogno di un uomo, ho capito che mi basto, non ho più vuoti da colmare, e se ne ho, sono capace di riempirli da sola, non ho motivo di accontentarmi e di regalarmi. Se vuole scoprire se dietro le mie stranezze c’è qualcosa per cui vale la pena muoversi, troverà me. Se punta ad avermi in regalo, non troverà nulla.

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La danza della ventrazza

C’è da dire che più che danzatrici del ventre sembriamo venti dementi alle prese col ballo del pinguino. Io, nello specifico, ho le movenze di una lontra. Sensualità zero. Voglio la cinturina con le medagliette: se devo essere ridicola, meglio esserlo fino in fondo.

C’è anche da dire che quando l’insegnante ha detto che puntiamo a sviluppare i glutei ho avuto un brivido di paura. Se le mie chiappe si sviluppassero ulteriormente, diventerei un culo parlante nel giro di due mesi. Forse dovrei informarmi sull’esistenza di balli che sviluppino altro.

Però c’è da dire soprattutto che è molto coinvolgente e divertente. E’ bello ridere dei propri limiti e della propria goffaggine. Prendersi sul serio non fa per me e in questa danza, per fortuna, non è richiesto farlo.

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