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Il pensiero positivo

Negli ultimi giorni ho letto un libro sul pensiero positivo. Le solite cose, risapute. Se sei ottimista hai più probabilità che le cose ti vadano bene, se sei felice è più probabile che continuerai ad esserlo, se ti focalizzi su quello che vuoi è più probabile che tu lo ottenga. Sono d’accordo, per il semplice fatto che quando lo sperimento, in effetti funziona.
Però oggi, una mia compagna di corso si è sentita male. Ha avuto una crisi epilettica. E’ una ragazza di trentasei anni, e da quattro soffre di queste crisi. Si è trasferita qui da non so quale paese del sud, vive in un appartamento messo a disposizione dalla Caritas, non lavora ed è completamente sola.  Ultimamente si è aggravata perché non ha soldi per comprarsi le medicine (non è esente perché non ha ancora concluso l’iter per l’invalidità, credo) quindi ha interrotto la terapia. E così, oggi è stata male in mezzo ad una ventina di semisconosciute; un paio di settimane fa le è successo in pieno centro, nessuno l’ha aiutata, e si è rotta un ginocchio durante le convulsioni.
Lei non fa che lamentarsi e  parlare del fatto che sta male, che non ha soldi, che non sa dove sbattere la testa, che si sente tagliata fuori dal mercato del lavoro ed emarginata dalla società; non so se fosse così  già da prima, o se lo sia diventata in seguito alla malattia, però è innegabilmente una persona negativa. Ma non so perché, credo che un “pensa positivo” non basterebbe.

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Ciao Sve

A volte capita che all’arrivo di una telefonata tu sappia già cosa ti stiano per dire. Perché quella persona non ti ha mai chiamata, se ti chiama ora, c’è solo una ragione. “Ciao, sono Angelo, volevo avvisarti che domani ci sarà il funerale…”. Pochi giorni prima hai parlato con qualcuno proprio di quella persona, che era malata da un paio d’anni, e chissà come sta, se è ancora in ospedale.

Quando ho riattaccato, ho pianto. Per lei, per suo figlio che ha tredici anni, per non averle mai fatto una telefonata in questi due anni.

Al funerale non andrò, per diverse ragioni. Non andrò perché i funerali non sono rimpatriate, i funerali sono l’ultimo saluto ad una persona cara, e ci sono persone che soffrono davvero, e che hanno il diritto di avere intorno persone che provano o che almeno comprendono il loro dolore. Io non c’entro nulla, sono solo una sua ex compagna di classe. Come sempre, farò la figura dell’insensibile e della maleducata, perché odio la falsità e le formalità.

Io la saluto qui, saluto la sua ingenuità, la sua risata, il suo pudore, la sua strana pronuncia, il suo brontolare, la sua generosità. Ciao Sve.

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Il nuovo anno

Ok, le feste sono definitivamente finite. Il ritorno alla normalità mi fa ricordare che ho un blog che dovrei aggiornare. Eccomi. Aggiorno.

Il mio nuovo anno inizia con quattro chili in più accumulati tra cene varie, l’imminente disoccupazione, i documenti per la separazione consegnati in tribunale, mille progetti e sogni con lo stranone, e un’apatia di fondo che caratterizza buona parte delle mie giornate. Su questo ultimo punto ho qualcosa da dire.

Non so cosa sia, se è colpa del freddo, delle preoccupazioni legate al mio futuro di disoccupata, delle vacanze appena passate e della conseguente difficoltà a tornare alla quotidianità. Fatto sta che non ho voglia di fare una cippa di niente. Di lavorare, per esempio, soprattutto perché so che questo lavoro durerà ancora tre settimane e poi tanti saluti. Di uscire, perché fuori ci sono meno quattro gradi da giorni e io detesto il freddo. Di vedere gli amici, perché non tollero l’umanità quando sono così infastidita dall’universo.

L’unica cosa che mi riesce bene e che mi fa sentire appagata e felice è stare con lo stranone. Uscire con lui,  fare la spesa con lui, sfogliare il catalogo dell’Ikea con lui per scegliere il nostro nuovo letto, cucinare con lui, mangiare con lui, dormire con lui. Insomma, tutto con lui. Adesso, io non so se sia un normale effetto dell’amore o se mi sono bevuta il cervello tra i vari brindisi festaioli, però mi sto preoccupando.  Forse mi sono solo ritagliata un posto in cui rifugiarmi per non farmi assalire dall’ansia del futuro. Boh.

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Caro Babbo Natale

Per questo Natale e per il nuovo anno mi auguro:

di trovare un nuovo lavoro, non dico che mi piaccia ma che almeno mi dia da vivere (mi tremano le gambe al pensiero che fra un mese e mezzo sarò disoccupata e non ho ancora trovato nulla);

di riuscire a mantenere quello che a fatica ho conquistato: me stessa, la mia autonomia, la mia casa;

di poter godere della compagnia e dei sorrisi dei miei amici;

di conservare il mio ottimismo, la mia forza, la mia determinazione e la capacità di affrontare le difficoltà;

di poter sempre contare sugli abbracci di mia madre;

di andare a letto serena e svegliarmi contenta di affrontare un nuovo giorno;

di avere accanto lui, il suo amore, e il mio.

Caro Babbo Natale, questo mi può bastare per continuare ad essere felice come lo sono ora.

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Grazie

Prima o poi arriva l’occasione con cui finalmente puoi fare pace con un pezzo del tuo passato. Nel mio ci sono tanti pezzi con cui devo riappacificarmi e, uno alla volta, li sto affrontando tutti. Questa volta è toccato ad una persona che con me è stata pura e bella. Io un po’ meno. E così ieri mi ritrovo a bere una birra con il mio fidanzatino delle superiori. Lo ritrovo identico a com’era, e la cosa mi solleva. Cita Guccini “ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare senza maturità”. E’ vero, tutto questo tempo non l’ha cambiato, è il solito burlone che trovavo ogni mattina seduto al banco di fianco al mio. Ritrovo la stessa risata leggera che aveva allora, le stesse smorfie buffe, la stessa bontà nello sguardo. E’ la stessa bella persona di tanti anni fa.

Io un po’ sono cambiata, per fortuna non sono più la stronza che ero. Mi dice che non mi ha mai portato rancore per come mi sono comportata, che non ha mai pensato che fossi cattiva, che insomma, ero un’adolescente, e ciò che era successo in quello che ora è il mio passato, ai tempi era quasi presente. Avrei voluto abbracciarlo, avrei voluto piangere. Ma in fondo non sono cambiata poi molto, e ancora oggi non riesco ad esternare quello che provo.

Mia madre sogna già un ritorno di fiamma, è l’unico che le sia mai piaciuto tra tutti quelli che ho frequentato. Io sento solo di avere un altro peso in meno, sento di dover dire grazie, perché è vero, si sbaglia, ma si viene perdonati e questo perdono lo aspettavo da undici anni.

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Il profumo dei concerti

Risentire canzoni che ti hanno tormentata e non provare più quel tormento ti fa scoprire che hai davvero chiuso con un passato che non ti piaceva per niente, ed è una bella consapevolezza. Ballare fino alle quattro di mattina con i tuoi amici vecchi e nuovi, ti fa dimenticare il peso quotidiano della vita e ti ricorda che esistere può essere meraviglioso. Trovare il suo abbraccio tra la folla, ti illude di avere quell’età tra i quindici e i diciott’anni, quando tutto era ancora possibile. Addormentarti serena e risvegliarti in una vita che ti piace come non ti era piaciuta mai, con una te stessa che ami senza più riserve, ti convince che in fondo è ancora tutto possibile.

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Piccoli successi

La prima iniziativa dell’associazione di cui vi avevo parlato, è andata semplicemente alla grande. Per me, che sono una sentimentale e un’idealista, vedere noi organizzatissimi, efficientissimi, pieni di energie e di voglia di far andare bene tutto, è stato bellissimo. I sorrisi e l’impegno che ci abbiamo messo, mi hanno riempito il cuore. E poi i miei amici storici, tutti lì per noi, per me, me l’ha fatto strabordare. Ecco, questo era il calore di cui avevo bisogno, muovendomi nella direzione giusta, l’ho trovato.

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Diversità

Ho un ricordo di me e Martina diciottenni, a chiederci cosa ci rendesse così strane; ci chiedevamo perché non avessimo una compagnia, degli amici, perché fossimo così sole. Non ci siamo mai date risposta. Da allora, tante volte ho creduto di essermi uniformata, di avercela fatta, forse per alcune cose è davvero così, sono quasi “normale”. Ma per quanto io mi sia sforzata, negli anni, di diventare uguale agli altri, resto sempre diversa. Alcuni provano orgoglio a sentirsi “particolari” e amano essere una voce fuori dal coro. Io no. C’è stato un periodo in cui ho snobbato la massa ed ero fiera di non farne parte. Poi è diventato un disagio e ho iniziato a sentirmi isolata dal resto del mondo.

Al lavoro, è da sempre la prova più difficile. Non ho argomenti di cui parlare con le mie colleghe.  Moda, zero: non sono fashion, non mi preoccupo molto del mio aspetto, compro da vestire al mercato (o all’upim quando proprio mi voglio rovinare), niente parrucchiera, niente estetista, niente centri benessere. Sono così poco femminile che mi rollo le sigarette da sola e vengo guardata come una barbona per questo, nonostante il tabacco sia più buono e costi un terzo delle sigarette normali. Famiglia, zero: niente marito, niente fidanzato, niente figli, niente cacca di bambini. Gossip, zero: non guardo la televisione, non leggo riviste, non so chi sono le nuove veline, non so con chi si è fidanzata la Barale, non me ne frega neanche un cazzo, non parlo alle spalle degli altri colleghi, non spettegolo sull’andamento del loro matrimonio o su come educhino i figli. Musica, zero: non ascolto Tiziano Ferro, sono completamente tagliata fuori. Se volessi parlare di politica, e non ne voglio parlare, dovrei sorbirmi infiniti dibattiti a colpi di luoghi comuni e qualunquismi tipo “tanto i politici sono tutti uguali, tanto le cose non cambiano mai”. Certo, mi verrebbe da dire, finché ti preoccupi di rifarti le unghie col gel e parlare di merda di tuo figlio e dei capelli della Ventura, avrai i politici che ti meriti.  E comunque non ho votato Berlusconi, meglio stare zitta. Se volessi parlare di economia, verrei sommersa da cose tipo che è colpa dell’euro, che le tasse sono troppo alte, e poi comunque gli stranieri devono andarsene a casa. Meglio tacere anche su Internet, luogo di perversione e di pervertiti e gente che non ha un cazzo da fare. Ultimo argomento, la religione. Non sono cattolica, e lavoro in un posto dove sono tutti iscritti a CL.

Fuori dall’uffico non va tanto meglio. Non appartengo a niente, non sono etichettabile. Nessun partito, religione, gruppo sociale, niente. Resto io, da sola, sempre, in questo mondo enorme in cui raramente incontro persone simili a me. Fortunatamente non esistono solo le mie colleghe e gente che ascolta Tiziano Ferro, si preoccupa degli affari della Ventura e del vicino di casa, e che vota Berlusconi. Ma anche tra quelli che sembrano affini a me, devo sempre andarci con i piedi di piombo, perché molti si riempiono la bocca di mille cazzate e poi scopri che niente di quello che hanno detto gli apparteneva. Mi sono creata le mie nicchie, con i miei pochi amici, nei miei piccoli spazi, in cui posso essere io, me stessa. Con tutto il resto del mondo devo sforzarmi di essere qualcuno che non sono, che non mi riesce essere e nemmeno sembrare. Dicono che sono così perché sono sensibile, perché sono profonda, intelligente, viva. Dicono che non sono banale, che penso con la mia testa. Lo dicono come se fosse un merito. A me però sembra di stare peggio di quelli che non pensano e di essere più sola di loro.

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Citazioni

L’altra sera si parlava col Raggio di relazioni sentimentali. Nello specifico, si discuteva di rapporti, convivenze, matrimoni non esattamente felici, in cui i partners si sopportano, e restano insieme perché forse non hanno il coraggio di mollare. Si rifletteva su come la solitudine possa a volte portare alla noia ma quasi mai alla disperazione; non capita di stare male come invece succede nei rapporti mal riusciti. E lui, viene fuori con questa frase, verissima:

“quando si è soli a volte capita di volere qualcosa che non si ha, ma non succede mai di avere qualcosa che non si vuole”.

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